L'allevamento: dalle origini ad oggi

L'allevamento è pratica di antichissima tradizione: l'uomo infatti scoprì presto che come piantare dei semi nel terreno era il modo per generare nuove piante, così tenere insieme due animali di sesso opposto era il modo per generare altri animali. Quindi l'allevamento è un'azione razionale nata dall'osservazione dei fatti da cui poi l'uomo ha originato una tecnica produttiva. Sul piano etico è peggiore della caccia in quanto "atto premeditato". Inoltre è innaturale perchè non contribuisce a mantenere il naturale equilibrio predatori-prede, ma crea appositamente un gran numero di prede che non ha alcuna possibilità di fuga dai propri predatori, togliendo così la possibilità di selezione naturale degli individui più resistenti (e sostituendola con una selezione artificiale che premia caratteri come la docilità o la miglior resa e qualità della carne). Al contrario i predatori (cioè gli uomini) possono moltiplicarsi evitando la selezione naturale che falcerebbe i predatori meno abili e quelli più deboli (come i malati, i disabili e i più anziani).

Certamente l'agricoltura e l'allevamento hanno consentito di assicurare maggiori quantità di cibo a gruppi più numerosi di individui, migliorando le condizioni di vita e contribuendo quindi alla nascita delle prime civiltà sedentarie. Inutile dire che da allora però sono passati millenni.

Senza stare a ricostruire la storia dell'allevamento lungo i secoli, credo di poter affermare che le cose siano radicalmente cambiate dal secondo dopoguerra e a partire soprattutto dagli anni Ottanta del secolo scorso, quando la produzione è diventata di massa e i consumi sono aumentati vertiginosamente. Questo cambiamento ha coinvolto anche la produzione della carne, con allevamenti trasformati in catene di (s)montaggio, dove lo sfruttamento dell'animale è stato portato ai massimi livelli.

L'allevamento è sempre sfruttamento e non è mai eticamente giusto, però se in passato si trattava e a tutt'oggi per alcune popolazioni (come i Masai o gli Himba) si tratta di un allevamento di sussistenza, nella società occidentale il consumo di carne e di alimenti di origine animale non solo è troppo elevato, ma sarebbe anche evitabile.
Due degli ostacoli principali all'eliminazione, o quanto meno alla riduzione, della carne sulle tavole sono sicuramente il menefreghismo e la disinformazione. Alcune delle giustificazioni che ho sentito o letto più spesso riguardo il consumo di carne sono che essa sia necessaria nell'alimentazione umana, che mangiare carne sia naturale e che l'uomo abbia sempre allevato animali per poi mangiarli.
Così paradossalmente nel contesto del tutto artificiale della nostra civiltà, dove l'uomo compie azioni così innaturali come vivere per mezzo di trapianti o avere rapporti sessuali senza procreare, viene tirata in ballo la questione della naturalità affermando che in natura ci si nutre di altri animali e che quindi mangiare carne è normale e naturale. Sarebbe naturale anche abbandonare a sé stesso un malato terminale o un disabile grave, ma anche altrettanto incivile e per fortuna, per quanto non naturale, esiste l'assistenza sociale...
Quindi non mangiare carne sarebbe essenzialmente un atto di civiltà (per giunta con dei risvolti positivi per la salute).
Ma quello che più è odioso nell'allevamento (sempre eticamente s'intende, perchè ai fini della produzione e del commercio è atto razionalissimo) è assegnare un valore economico ad un animale, mercificandolo. Quando si quantifica una vita in denaro è ovvio che essa non venga rispettata più di quanto non sia in grado di produrre. E questo è amplificato negli allevamenti intensivi con tutte le conseguenze ben note, dallo stipare quanti più animali possibili in spazi angusti, al monitorare la loro resa tramite macchine per eliminarli al di sotto di una certa soglia, al trasportarli ammassati in camion in condizioni penose, etc.

Altre obiezioni che mi è capitato di sentire sono che, se tutti diventassero vegetariani, ci sarebbe il problema di liberare gli animali degli allevamenti attuali, inoltre gli allevatori resterebbero disoccupati e le mucche (o altre razze d'allevamento) si estinguerebbero.

A parte che è assai improbabile che tutti diventino vegetariani, ma di certo è impossibile che tutti diventino vegetariani dall'oggi al domani, quindi anche se in futuro accadesse che la maggior parte della popolazione occidentale diventasse vegetariana, questa transizione sarebbe lenta e l'economia avrebbe il tempo di adattarsi, allo stesso modo di come si è adattata ad altri cambiamenti (come i cambiamenti indotti da innovazioni tecnologiche, che hanno comportato il sorpasso di alcune competenze e lo sviluppo di altre). Quindi nell'ipotesi auspicabile che la richiesta di carne diminuisse progressivamente, verrebbero fatti nascere meno animali d'allevamento e parallelamente all'aumento della popolazione e all'aumento dei vegetariani, si verificherebbe un aumento della coltivazione di cereali e legumi destinata al consumo umano e delle aziende che producono alimenti derivati (come i tipici prodotti dei negozi biologici: derivati della soia, seitan, muscolo di grano, etc.). Insomma si espanderebbero alcuni settori emergenti, ne nascerebbero di nuovi e altri si contrarrebbero. Non è un passaggio che può avvenire in un sol colpo, ma occorrerebbero molteplici fasi in tutti i livelli: sociale, economico e legislativo. Senza trascurare il fatto che le nuove economie emergenti potrebbero seguire la stessa evoluzione dei paesi occidentali, passando da un'alimentazione con un consumo di carne moderato ad un consumo esagerato ed infine ad un ripensamento con sviluppo di tematiche animaliste e ambientaliste: in un'ipotesi del genere potremmo avere l'Europa e forse anche i più restii Stati Uniti che riducono i consumi (di carne, ma non solo) e, ad esempio, la Cina che li aumenta.

Per quanto concerne l'ultimo punto, poi, mi sembra un discorso altamente specista: le razze d'allevamento non esisterebbero in natura, sono state create dall'uomo per rispondere alle sue esigenze produttive: far riprodurre animali per poi detenerli in condizioni di vita miserabili non lo ritengo un bene, è meglio che si estingua la specie, che non far vivere così i singoli individui che la compongono, fatti venire al mondo apposta per essere mangiati, come se questo non li catalogasse più come esseri senzienti.

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